Sentenza TAR del Lazio n. 3055/2016: la F.I.P.A.V. condannata al pagamento della somma di euro 208.500,00 in favore dell’atleta Greta Cicolari
Con una sentenza sicuramente destinata a costituire un illustre precedente, il TAR del Lazio ha condannato la Federazione Italiana Pallavolo al pagamento, a titolo risarcitorio, della somma di euro 208.000,00 in favore della giocatrice di beach volley Greta Cicolari. Il TAR ha infatti accolto il ricorso con cui la suddetta atleta aveva chiesto:
1) l’annullamento della decisione n. 16/2014 dell’Alta Corte di Giustizia Sportiva del CONI, con la quale era stata dichiarata l’inammissibilità del ricorso che la Cicolari aveva proposto avverso la decisione della Corte Federale F.I.P.A.V. (C.U. n. 2 del 20 febbraio 2014), che a sua volta aveva confermato la sanzione della sospensione per sei mesi da ogni attività federale, inferta alla ricorrente dalla Commissione Giudicante Nazionale F.I.P.A.V. in data 10 ottobre 2013 (decisione prima confermata anche dalla Commissione di Appello Federale F.I.P.A.V. – C.U. n. 9 del 7 gennaio 2014);
2) la condanna della F.I.P.A.V. al risarcimento del danno.
La vicenda che ha portato alla decisione in commento ha avuto origine nel novembre del 2013, quando la Commissione Giudicante Nazionale F.I.P.A.V. ha inflitto all’atleta Greta Cicolari la sanzione disciplinare della sospensione, per sei mesi, dall’esercizio di ogni attività federale. In particolare l’irrogazione di tale sanzione era derivata dall’addebito alla Cicolari di due comportamenti:
– il primo consistente nell’aver aggredito verbalmente in luogo pubblico, in data 10 agosto 2013, il proprio tecnico federale, apostrofandolo in modo arrogante e provocatorio, nonché rivolgendogli fantasiose accuse, millantando informazioni ricevute in ambito federale;
– il secondo consistente nell’aver veicolato tramite Twitter frasi allusivamente offensive e denigratorie, nei confronti del direttore tecnico delle squadre nazionali femminili di beach volley, attribuendogli epiteti quali “caprone nero” o “uomo nero”. Per entrambi i fatti la Commissione Giudicante aveva ravvisato la violazione, da parte della Cicolari, dei principi di lealtà e correttezza sanciti dall’art. 16 dello Statuto F.I.P.A.V. e richiamati dall’art. 19 del Regolamento Affiliazione e Tesseramento, nonché dell’art. 2 del Codice di Comportamento Sportivo del CONI.
La Cicolari si è rivolta al TAR del Lazio dopo aver impugnato, senza ottenere alcun successo, la decisione della Commissione Giudicante nazionale F.I.P.A.V. dinanzi agli organi di giustizia endofederali (ovvero Commissione di Appello Federale F.I.P.A.V. e Corte Federale F.I.P.A.V.) e dopo aver proposto ricorso anche all’Alta Corte di Giustizia Sportiva del CONI, la quale aveva dichiarato il ricorso inammissibile.
La sentenza del TAR del Lazio appare meritevole di attenzione, oltre che per aver condannato la F.I.P.A.V. al pagamento, a titolo risarcitorio, di un ingente somma di denaro, soprattutto per i concetti in essa affermati in tema di rapporto tra giurisdizione sportiva e giurisdizione amministrativa, nonché in materia di acquisizione delle prove da parte delle procure federali e dei giudici federali.
Con riferimento al rapporto tra giurisdizione sportiva e giurisdizione amministrativa il TAR del Lazio ha affermato che:
– la domanda di risarcimento del danno è di competenza del giudice amministrativo, “il quale può incidentalmente pronunciarsi sui provvedimenti della giustizia sportiva a tali fini, senza annullarli, ma dichiarandone la illegittimità incidenter tantum ai sensi dell’art. 133, comma 1 lett. a) n. 1) e lettera z) del Codice del Processo Amministrativo (Decreto legislativo n. 104 del 02.07.2010), alla stregua di quanto può effettuare il giudice ordinario nei confronti dei provvedimenti amministrativi ai sensi degli articoli 4 e 5 della L.A.C. (Legge n. 2248/1865), regolatori del rapporto tra giurisdizione amministrativa e giurisdizione ordinaria”;
– che il giudice amministrativo ha giurisdizione in materia di diritti indisponibili, quale è, per precetto costituzionale, il diritto di difesa, la cui lesione era lamentata dalla Cicolari.
Per quanto invece riguarda il tema dell’acquisizione delle prove, il TAR ha ribadito che il principio di autonomia dell’azione disciplinare sportiva non subisce un “vulnus dalla ammissione della prova testimoniale, atteso che, secondo l’art. 20, comma 3 del Regolamento Giurisdizionale del CONI, gli interessati possono chiedere l’ammissione di specifici mezzi di prova” e che “l’art. 71, comma 1 del medesimo atto generale stabilisce che il Procuratore Federale procede alla audizione di testimoni, all’acquisizione di documenti e di ogni altro elemento di prova ritenuto utile per il compimento dell’istruttoria”. Pertanto i giudici sportivi, diversamente da quanto fatto, ben avrebbero potuto chiamare a testimoniare anche un teste non direttamente citato dalla Cicolari, al fine di chiarire i fatti di causa.
In ragione dei suesposti principi il TAR del Lazio ha incidentalmente dichiarato l’illegittimità dei provvedimenti impugnati dalla Cicolari e per l’effetto condannato la Federazione Italiana di Pallavolo al pagamento della somma complessiva di euro 208.500,00, di cui euro 61.500,00 per la risoluzione dei contratti, euro 55.000,00 per perdita di chance per la interruzione di trattative, euro 42.007,00 per perdita di chance per premi persi ed euro 50.000,00 per danno all’immagine.