Deportivo Maldonado: un club all’insegna delle TPO
Estigarribia, Alex Sandro, Piris, Allan, Rulli, Carrillo. L’ultimo in ordine di tempo ad aggiungersi a questa lista è stato Jonathan Calleri, talentuoso centravanti argentino, che proprio in questi giorni ha firmato un contratto fino al 30 giugno 2016 con i brasiliani del San Paolo.
Cosa hanno in comune questi calciatori più o meno noti al grande pubblico? Tutti hanno militato nelle file del Deportivo Maldonado, club che nelle ultime stagioni ha navigato mestamente a metà classifica nella serie B uruguaiana.
Inutile cercare statistiche su presenze e reti dei sopracitati calciatori nel club sudamericano. I tifosi non hanno potuto ammirarne i gesti tecnici, perché non sono mai scesi in campo con la casacca rossoverde della squadra.
Cosa spinga giocatori di primo piano a cedere alle lusinghe di una modesta società uruguaiana è presto detto. Nel 2009 l’imprenditore inglese Malcolm Caine acquista il club, apportando il sostegno economico necessario ad evitare il fallimento della squadra. In cambio il Deportivo Maldonado consente a Mr. Caine di compiere operazioni finanziarie nel mondo del calcio, sfruttando altresì le agevolazioni fiscali concesse dalla legislazione uruguaiana alle società sportive anonime (il Deportivo diventa tale con l’arrivo del magnate inglese; in precedenza era una società di proprietà dei soci).
In pratica, i calciatori vengono acquistati attraverso i capitali messi a disposizione dal fondo d’investimento collegato a Caine, dopodiché, senza mai giocare un solo minuto per il Deportivo Maldonado, vengono ceduti a titolo definitivo o con la formula del prestito oneroso ad altra società realizzando un guadagno da cui il club uruguaiano non trae alcun beneficio.
La Federazione internazionale (Fifa), in merito all’influenza esercitata da terzi sui club, era già intervenuta nel 2007 con la circolare n. 1130, introducendo l’art. 18 bis nel Regolamento sullo status e sul trasferimento dei calciatori. Tuttavia la terminologia approssimativa utilizzata nell’articolo, nonché la mancanza di sanzioni ben precise non impedì alle cosiddette TPO (“Third party ownership”), ossia i diritti economici delle terze parti sui calciatori, di continuare ad aumentare di numero.
Alcune federazioni nazionali, timorose per le ripercussioni finanziarie e sportive sui club, hanno deciso di vietare le TPO (è successo in Inghilterra, Francia e Polonia), altre invece non hanno preso una posizione netta, consapevoli della diffusione e della rilevanza economica delle stesse nel mondo del calcio (vedi Spagna, Portogallo, Italia e in generale Sudamerica).
Alla luce dell’incertezza venutasi a creare, la Fifa è intervenuta nuovamente con la circolare n. 1464 del 22.12.2014, introducendo nel Regolamento di cui sopra l’art. 18 ter. che vieta qualsiasi contratto che abbia ad oggetto la proprietà di diritti economici riguardanti i calciatori da parte di soggetti terzi, rispetto al sistema sportivo.
Appare evidente come il meccanismo messo in atto da Mr. Caine riesca ad aggirare il blocco Fifa imposto alle TPO. I capitali provenienti dal fondo d’investimento trasformano infatti il Deportivo Maldonado in una società ponte, che consente di porre in atto delle triangolazioni il cui unico scopo è quello di speculare sulla compravendita di calciatori.
Le società che non vogliono incorrere in sanzioni da parte della Fifa stanno alla larga dalle TPO, ma è palese che la questione dei fondi d’investimento nel calcio richieda un nuovo intervento normativo in materia.